Saldare conti in sospeso: “Come se esistesse il perdono” di Mariana Travacio

Un “western” ambientato nella pampa argentina, Come se esistesse il perdono di Mariana Travacio è una storia di conti in sospeso e di vendetta, dove i fantasmi di un passato doloroso infestano le menti e i luoghi dei personaggi.

La violenza genera violenza, si dice; rischia sempre di diventare una spirale da cui è impossibile uscirne. Ecco perché la vendetta non può portare a nulla di buono, né tantomeno placare l’animo di chi la vorrebbe. Questo è il concetto cardine su cui gira Come se esistesse il perdono, romanzo della scrittrice argentina Mariana Travacio, uscito in Italia con la casa editrice Cencellada.

Il mondo del romanzo di Travacio è quello della pampa argentina, che rende l’ambientazione molto “western”, dove il ritmo veloce e scattante sembra ricalcare il battito accelerato del cuore dei protagonisti che si accingono a compiere le proprie vendette. Il romanzo ha molti elementi di letteratura gauchesca, dove in questo caso il gaucho non deve lottare solamente contro un invasore, ma anche contro il proprio destino ineluttabile.

La trama del romanzo

Leggiamo la trama come è riportata sulla quarta di copertina del libro.

Caldo torrido, terra secca del deserto, tre uomini bevono gin e una bruma di polvere materializza uno sconosciuto da Tano. Un malinteso provoca una morte accidentale. Questo omicidio serve come punto di partenza per una serie di conti in sospeso e vendette. Un passato appena rivelato che ritorna per tormentare e spronare i protagonisti, creando legami di lealtà e appoggio mutuo fra di loro, e che si collega con il presente in maniera fatale. I fantasmi preteriti spingono irreparabilmente a seguire un destino dal quale non c’è scampo, come se fossero parte di un macabro piano superiore già scritto.

I fantasmi bisogna combatterli subito, Tanito, perché sennò si fanno più forti, sai? e finiscono per mettere le tende e non se ne vanno più.

Una vendetta infinita

La storia, dunque, prende avvio da un omicidio, che però condurrà a molti altri a catena. Più vengono uccise persone, più si vengono a scoprire ulteriori delitti o rancori passati. Tutto questo porta a una spirale di violenza che i personaggi non riescono più a fermare.

Possiamo empatizzare con loro, comprendere il perché di questo dolore e sete di sangue; ma alla fine comprendiamo come ogni gesto è senza una conclusione e non porta da nessuna parte. Soprattutto, non darà pace e redenzione a nessuno dei personaggi: il rancore perenne sarà il loro (tragico) destino.

La pampa, inoltre, diventa il luogo simbolo di questa spirale: gli elementi naturali, primo fa tutti l’acqua, non “lavano via” ciò che succede, ma lo impregnano nel terreno, nella pelle e nel cuore dei personaggi. La loro terra “sente” insieme a loro, e viceversa, legando tutto insissolubilmente.

Quando smise di piovere e uscimmo in giardino, sentii per la prima volta l’odore della terra bagnata. Mi ricordai di Loprete e dei suoi campi d’acqua: la terra non vola via, resta aggrappata al suolo; non c’è vento che la sollevi. Non dimentico quell’odore di terra bagnata, come non dimentico le parole di Loprete prima che lo uccidessimo.

Buona lettura!

Rossana Pasian

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