La stanchezza della lotta

Quante volte vi siete chiesti se ne valesse la pena? Quante volte, di fronte all’odio e ai muri, vi siete domandati se avesse senso andare avanti. Quante volte avete sentito nella vostra mente la stanchezza di chi lotta?

Hi haters!

Credo che sia successo a ognuno di noi: lottare per un’idea, per i diritti, per qualcosa in cui crediamo e trovarci di fronte a chi fa muro o a chi addirittura insulta. Fa parte del gioco, è vero, ma quante volte ci siamo chiesti se ne valesse la pena? Quante volte abbiamo pensato che forse la soluzione migliore era tacere e guardare gli altri scannarsi e indignarsi? 

È quella che io chiamo “la stanchezza di chi lotta”: arrivi a un certo punto in cui non ne puoi più, perché ogni volta che esprimi una tua idea vieni additato con epiteti poco eleganti, a volte al limite della denuncia. Con l’online, poi, tutto questo si è amplificato: anche nell’era pre-internet e pre-social esistevano quelli che insultavano coloro che la pensavano diversamente, ma oggi molti si nascondono dietro la tastiera, in parte non rendendosi conto di quello che stanno facendo. 

Chi sono queste persone che da dietro lo schermo mostrano la loro violenza?

Persone comuni

Gli uomini offendono o per paura o per odio.

Il Principe di Niccolò Machiavelli

Forse non tanto incredibilmente, si tratta di persone comuni: sono uomini e donne esattamente come noi, ma in quel momento scatta qualcosa nella loro mente. Possiamo chiamarlo raptus? Forse.

Ci sono varie tipologie di questi personaggi, a volte sono prese dal momento, altre volte hanno una sistematicità nell’insultare, altre ancora semplicemente stavamo loro antipatici e hanno deciso di farcelo capire in un modo un po’ bizzarro. 

Quando una discussione su un argomento esce da quei binari, quindi il soggetto non è più l’idea o l’opinione, ma scende a livello personale e mette sul piatto caratteristiche personali o tira in ballo ciò che fa e/o è la persona (senza che queste cose abbiano un legame con la discussione) significa che siamo davanti un hater, un odiatore. Non è necessariamente un troll, ma può essere una persona normalissima e che non ha intenzione di far parte di quel gruppo. 

Non importa se non ci sono parolacce, e non importa nemmeno se l’idea della persona che vuole offenderci non è sbagliata: chi fa deragliare la discussione, escludendo i troll, è perché non ha più strumenti per controbattere e cerca di “vincere” denigrando l’avversario. L’incapacità di “tenere botta” denota spesso insicurezza o ignoranza dell’argomento, quindi è un meccanismo di difesa della persona, che non va mai aggredita: non dobbiamo difenderci, noi dobbiamo difendere la nostra idea, se la nostra idea non è più il centro della discussione è meglio lasciar perdere. Quest’ultimo caso è figlio dell’effetto Dunning-Kruger, di cui accenno sotto. 

Troll 

I troll non credono davvero in quello che dicono, ma sistematicamente scrivono insulti (o fake news in altri contesti) per fomentare le altre persone o farle star male, e di rendere più complessa la comunicazione in generale. Hanno un hobby molto particolare, e sicuramente potrebbero trovarsene un altro molto più costruttivo. 

I fissati

Sono quelli che hanno un’idea in mente, ma invece di portarla avanti con forza hanno scelto di cercare quelli che non la pensano come loro e di insultarli. Spesso li troviamo nella sezione commenti delle pagine e dei gruppi dei social network. Non provano nemmeno a spiegare la loro idea, insultano e basta

Effetto Dunning-Kruger

Non so se chi subisce l’effetto Dunning-Kruger sia peggio degli altri o meno, ma sto notando che sempre più persone, a ogni livello, ne è vittima. Di cosa si tratta? L’effetto Dunning-Kruger è una distorsione cognitiva a causa della quale individui poco esperti in un campo tendono a sopravvalutare le proprie abilità auto-valutandosi esperti a torto. Come corollario di questa teoria, spesso gli incompetenti si dimostrano estremamente supponenti. L’altra faccia della medaglia vede le persone davvero competenti avere una tendenza a sottostimare la propria reale competenza. 

Credo che questa sia la grande massa, e sicuramente ne avete incontrato qualcuno: non importa quanti dati, fatti oggettivi et similia metterete di fronte a loro, queste persone inizieranno a insultarvi nel momento in cui non darete loro ragione

Consiglio spassionato: fate come i troll, e rendete complicata la comunicazione. Tanto non ne ricaverete nulla, non riuscirete a farli ragionare; sarà sempre come giocare a scacchi con un piccione: potete anche essere un campione mondiale, ma tanto il piccione butterà giù tutte le pedine!

Odiatori che ti aspetti

Se esistessero solo i violenti sarebbe facile. Invece esistono anche le persone che si offendono se molte persone fanno loro notare, gentilmente, di aver torto o di non essere dello stesso parere

Sui social, mi sono imbattuta spesso in persone che esprimevano la loro opinione, magari sbagliata e in modo sbagliato, senza necessariamente diventare violente ma sicuramente erano acide. Quando il numero di commenti contro, quindi dove altri utenti esprimevano la loro opinione contraria (ma, ripeto, sempre con rispetto e senza scadere nell’insulto), cancellavano tutto e creavano un altro post dicendo che hanno scelto di chiudere la discussione perché c’erano troppi insulti, così da scatenare la reazione quasi di pietà, sicuramente di conforto perché “non bisogna insultare nessuno”. Il problema è che nessuno era stato insultato

Il vittimismo è una brutta abitudine, un comportamento che a volte può sfociare nel patologico, ma che comunque non porta nulla alla discussione, ma anzi la uccide. Decidendo di troncare la discussione nel momento in cui non si ha di fronte una persona che non la pensa come noi, si sceglie di non avere un dialogo con il diverso. Queste persone preferiscono avere un fan club, forse anche perché scottate dagli hater di cui sopra. Ma forse, a quel punto, è meglio non esporsi proprio.

Un’altra categoria di odiatori nascosti, e che forse ho incontrato ancora più spesso dei precedenti, è quella che in luogo di “non mi piace” o “non sono d’accordo” afferma “fa schifo” e sinonimi. Far passare il proprio particolare come generale, soprattutto se si è in un campo che non si conosce in modo approfondito, non è cosa molto saggia. Queste persone sono borderline tra chi cerca la “rissa”, chi vuole un fan club e chi vuole evitare le discussioni: un’espressione assolutistica genera in chi è più caldo l’istinto a contrattaccare, in chi non ha voglia di far polemica induce al silenzio; poi ci sono quelli che sono d’accordo con l’affermazione. 

Sicuramente la persona non se ne rende conto, ma un comportamento del genere induce spesso una persona a non entrare in relazione con te (almeno per quell’argomento), per paura dello scontro o perché non ha voglia di litigare. E nel caso si risponda in modo contrario, sapere che l’altra persona ti sta dicendo che hai idee di m*rda non è bello. Non è violenza nascosta questa?

Sia chi è “affetto” da vittimismo sia chi “vive di assoluti” preferiscono ghettizzarsi piuttosto che affrontare il mondo esterno: vorrebbero vivere in un mondo a loro immagine e somiglianza, costruito a loro misura. Un poco egoistico ed egocentrico, no?

Solo un Sith vive di assoluti

Mai smettere di lottare

Quello che posso consigliare (e ricordare a me stessa) è di essere più gentili, ricordare che nessuno di noi è il Verbo, che le nostre opinioni non dettano legge, ma comunque è importante difenderle e saperle adeguatamente argomentare, eventualmente con dati e fatti oggettivi, per portare avanti una discussione sana. 

Quindi non bisogna smettere di lottare, ma bisogna capire quando ha senso proseguire la discussione e quando forse è meglio lasciar perdere. E se qualcuno non vuole avere un confronto sano, lasciatelo nel suo brodo: probabilmente dopo un paio di giorni si sarà dimenticato tutto.

Rossana Pasian

Se vuoi saperne di più…