Anche i piccioni possono essere eroi: “Il maggiore e Cher Ami”

Per molti anni, i piccioni sono stati utilizzati per le comunicazioni veloci, e questo era ancora più importante in guerra: questi volatili, che ora infestano le nostre città, potevano fare la differenza tra la vita e la morte delle persone. Lo sapevano bene i sopravvissuti del Battaglione Perduto, salvati da Cher Ami durante la Prima Guerra Mondiale. Questa vicenda è stata raccontata in modo molto delicato e struggente da Kathleen Rooney nel romanzo Il maggiore e Cher Ami.

Avete mai sentito parlare di Cher Ami e del Battaglione Perduto? Probabilmente no, è un racconto perlopiù conosciuto negli Stati Uniti e dagli appassionati di storia militare. Cher Ami era un piccione (anzi, una picciona) viaggiatore che ha servito durante la Prima Guerra Mondiale, salvando appunto il Battaglione Perduto.

Qual è la vicenda? Il battaglione fanteria 308° della 77° divisione dell’Esercito Statunitense, operativa in Francia durante la Grande Guerra, si ritrovò bloccata, durante la Battaglia delle Argonne, in una piccola depressione dietro le linee nemiche senza cibo, munizioni e sotto il fuoco amico delle truppe alleate le quali non conoscevano la loro esatta posizione. Il maggiore Charles Whittlesey, in un disperato tentativo di salvare la vita dei suoi uomini (di circa 500 che erano, ne sopravvissero poco meno di 200), cercò di comunicare con le truppe alleate attraverso i piccioni viaggiatori. Il primo inviato venne ucciso dall’esercito tedesco; poi fu la volta di Cher Ami, che portava questo messaggio:

«We are along the road parallel to 276.4. Our own artillery is dropping a barrage directly on us. For heaven’s sake, stop it»

Il maggiore Charles Whittlesey

Cher Ami venne colpita dai tedeschi, ma nonostante le ferite gravissime riuscì a portare il messaggio, percorrendo oltre 40 chilometri in soli 25 minuti; Cher Ami riportò ferite al petto e all’occhio, giungendo a destinazione completamente ricoperta di sangue e con una zampa quasi del tutto staccata dal corpo. I medici dell’esercito riuscirono a salvarle la vita, ma furono costretti ad amputarle la zampa ferita. Quando terminò la convalescenza, Cher Ami venne caricata su una nave diretta verso gli Stati Uniti d’America.

Cher Ami fu considerata una dei più grandi eroi americani della Grande Guerra, e venne insignita con la Croix de guerre e la medaglia Oak Leaf Cluster per i suoi eroici servizi di consegna messaggi. Morì a Fort Monmouth nel New Jersey il 13 giugno 1919 a causa delle ferite ricevute in battaglia. Il suo corpo è stato imbalsamato ed è attualmente conservato presso lo Smithsonian Institution.

Questa vicenda è stata raccontata da Kathleen Rooney, nel suo romanzo Il maggiore e Cher Ami.

Dalla storia alla letteratura

La vicenda di Cher Ami e del maggiore Charles Whittlesey nelle Argonne appartiene alla storia contemporanea, ma Kathleen Rooney nel suo romanzo non si limita a esporre i fatti: entra nelle loro menti e ci racconta la storia, i loro sentimenti e le loro emozioni attraverso i punti di vista dei due personaggi. Bisogna sottolineare, che le vicende prettamente personali dei due protagonisti sono quasi del tutto totalmente inventate.

copertina italiana del romanzo

Alternativamente, come in un duetto cantato, nel racconto costruito da Rooney leggiamo i punti di vista della picciona e del maggiore, due linee parallele che improvvisamente si incrociano. Non solo con la guerra come intermediario: il primo punto di contatto è Bill Cavanaugh, l’addetto ai piccione del battaglione, di cui Charles Whittlesey è segretamente innamorato e che gli fa amare questi animali così preziosi per le comunicazioni belliche. Il maggiore scopre le emozioni di questi volatili, e Cher Ami scopre una parte degli umani per lei ignota.

Ma ovviamente è anche la guerra, forse soprattutto la guerra, a unirli: Cher Ami è l’ultima dei piccioni a essere lanciata, perché Whittlesey sa che è la migliore e vuole tenerla vicina a sé fino alla fine. Cher Ami diventa l’ultima speranza, e lei per loro, i suoi umani preferiti, resiste per salvarli e farli uscire dal cul-de-sac in cui sono finiti per tattiche incomprensibili.

Se la guerra voleva dire dirsi addio, voleva anche dire non sapere cosa fare davanti a incontri improvvisi, legami inaspettati creatisi mentre il mondo andava in frantumi.

E dopo la guerra?

Sia Cher Ami che Charles Whittlesey, una volta congedati, si chiedono cosa succederà. In particolare Cher Ami, la cui coscienza sopravvive all’interno della teca in cui è conservata, e “vede” il mondo combattere altre volte.

Il racconto non risparmia descrizioni tremende della guerra, con parole e immagini forti; ma quando si entra nel mondo delle emozioni e dei sentimenti, lo stile si fa dolce, una carezza malinconica.

Entrambi i protagonisti sono traumatizzati dall’esperienza, e preoccupati per il futuro dell’umanità. Vedono le persone prima parlare di Grande Guerra, quella dà fine a tutte le guerra; poi le sentono definirla Prima Guerra Mondiale, ancora prima del 1939, come se già si sapesse qual è il destino del mondo. In quanto eroi decorati, si chiedono se le loro azioni hanno aperto la porta a orrori successivi.

Ma noi sappiamo essere innocenti, il risultato di altri giochi molto lontani dal loro mondo, dalla fattoria in cui è nata e cresciuta Cher Ami, e dalla vita newyorkese di Charles Whittlesey. Una riflessione sulla vita e sulla morte, sugli atti di eroismo e sulla natura dell’umanità.

Potranno mai gli esseri umani fare ammenda per aver trascinato gli animali nei loro conflitti in una proporzione tanto grande? Che forma potrebbe mai assumere tale ammenda?

Buona lettura!

Rossana Pasian

Se volete saperne di più…